Secondo la normativa vigente, le regole per la progettazione di un impianto elettrico conforme alla legge sono contenute nella Norma CEI 64-8. Tale documento, in seguito a un aggiornamento pubblicato durante il 2011 (la variante V3), riporta in modo preciso le disposizioni relative agli ambienti residenziali. Inoltre, la Norma classifica gli impianti secondo una tabella di tre livelli, sulla base di fattori tecnici come il numero di prese di corrente e circuiti, la presenza di accessori specifici (videocitofono e funzioni domotiche) e il controllo dei carichi elettrici. All’interno di questo articolo sarà spiegata la suddivisione della stanza da bagno in zone di rischio.   In un contesto casalingo, il bagno è la stanza in cui l’acqua corrente viene utilizzata con maggior frequenza: la sicurezza si rispecchia, quindi, in particolar modo nella gestione cosciente e ben pianificata degli apparecchi elettrici. A questo proposito, i requisiti minimi per gli impianti residenziali sono stati affiancati da una ripartizione delle prese e dei punti luce ben definita, il cui rispetto è obbligatorio per legge; è risaputo, difatti, come gli infortuni domestici causati dalle scariche elettriche possano risultare non solo estremamente pericolosi per l’essere umano, ma addirittura mortali. Per questi motivi, i locali adibiti all’inclusione di docce e sanitari sono considerati “luoghi a rischio aumentato”. Sulla base della distanza tra l’area interessata rispetto alla vasca da bagno o alla doccia, sono state definite quattro zone identificate da un numero. La numerazione va dallo 0 al 3, e il tasso di rischio delle zone diminuisce all’aumentare del valore.   Zona 0 – Si tratta della porzione del bagno ritenuta più pericolosa. È delimitata dalla superficie del piatto doccia, o dall’intero volume dell’eventuale vasca da bagno. L’acqua, all’interno della zona 0, scorre durante l’utilizzo ordinario, motivo per cui non è ammessa nessuna presa elettrica. Nel caso si voglia installare una doccia priva di piatto, si devono osservare due direttive fondamentali: l’altezza della zona 0 è pari a 10 centimetri, e la superficie equivale alla misura (in orizzontale) della zona 1.   Zona 1 – Nonostante la zona 1 sia separata rispetto alla 0, queste sono particolarmente legate fra loro sul piano del rischio, poiché condividono la medesima superficie. La zona 1, tuttavia, riguarda un volume che si estende in altezza al di sopra della zona 0, fino a 225 centimetri, misurati dal fondo della doccia o della vasca. Anche in questo caso l’assenza di un piatto viene disciplinata in modo specifico: nel caso della tipologia di doccia appena citata, la zona 1 deve essere calcolata misurando (in verticale) 120 centimetri di distanza dal soffione.   Zona 2 – L’area che circonda la vasca da bagno, o il piatto doccia, è la zona 2. Per il calcolo dello spazio occupato, bisogna attenersi a due misure: i consueti 225 centimetri in verticale (misurati a partire dal pavimento), e 60 centimetri di distanza dalla zona 1, sull’asse orizzontale. Per le configurazioni prive di piatto doccia, semplicemente la zona 1 subisce un’ulteriore espansione di 120 centimetri.   Zona 3 – In quest’ultima zona non viene fatta distinzione tra gli impianti idraulici provvisti e sprovvisti di piatto doccia. La zona 3 si trova esternamente alla zona 2, e si espande per una distanza, considerata orizzontalmente, di 240 centimetri.   Questa è un’infarinatura delle istruzioni imposte dalla Norma CEI 64-8, ma nel caso non la si conoscesse già, si raccomanda una lettura attenta e integrale della documentazione. La distribuzione dell’impianto elettrico all’interno di un bagno deve necessariamente tener conto delle zone di rischio, utili per capire, per esempio, se è opportuno installare una presa della corrente in un determinato punto di una parete. Come già ricordato, il rispetto delle regole di sicurezza nelle fasi di progettazione, oltre a rappresentare un vincolo legale imprescindibile, è l’unico modo per garantire agli utilizzatori la protezione da numerosi incidenti potenzialmente fatali.